Il morbo di Alzheimer è una grave malattia neurodegenerativa che porta a un inesorabile declino delle capacità cognitive. Si stima che in Europa l’Alzheimer rappresenti oltre il 50% di tutte le demenze, con una prevalenza negli ultrasessantacinquenni.
I sintomi più frequenti con cui si manifesta sono disturbi di memoria, difficoltà di comprensione e linguaggio, problemi nel portare a termine i compiti quotidiani, cambiamenti repentini di umore, confusione fra tempi e luoghi. Una condizione severa, dunque, purtroppo irreversibile, che determina la perdita progressiva della propria autonomia.
Mentre continua la ricerca scientifica per trovare una cura a questa malattia, sono stati individuati trattamenti e terapie specifici per ridurre la sofferenza dei pazienti e sostenerli, per quanto possibile, nello svolgimento delle attività di tutti i giorni.
In questo articolo, in particolare, parleremo della funzione della fisioterapia nel trattamento dell’Alzheimer.
Il ruolo della stimolazione motoria nell’Alzheimer: intervista al fisioterapista
Per parlare di questo argomento delicato e complesso abbiamo deciso di intervistare il dottor Gianpaolo Lucato, fisioterapista di Real Salus, che ci spiegherà il ruolo della fisioterapia nei malati di Alzheimer, in cosa consiste e quali sono i suoi benefici.
Dottor Lucato, quando si pensa all’Alzheimer si immagina una malattia che colpisce, soprattutto, a livello cognitivo: questa patologia, invece, può avere anche ripercussioni sulle abilità motorie. Nello specifico, quali sono le principali difficoltà di questo tipo che possono verificarsi?
Mente e corpo non sono due entità indipendenti, ma interagiscono tra loro continuamente. Il cervello riceve gli stimoli dall’ambiente esterno tramite il fisico e i cinque sensi ed elabora degli output per interagire con l’ambiente mediante il corpo. Secondo questa visione, va da sé che una persona affetta da Alzheimer, malattia che colpisce primariamente il cervello, abbia ripercussioni anche a livello motorio.
In particolare, questi pazienti presentano alterazioni posturali, difficoltà nei movimenti fini delle mani (movimenti che richiedono precisione e coordinazione mano-occhio, come ad esempio allacciarsi le scarpe, usare le posate, ndr), alterazione del ciclo del passo e dell’equilibrio con conseguente maggior rischio di caduta.
Altri aspetti frequenti, specie nelle fasi avanzate, sono rigidità muscolare diffusa e bradicinesia (movimenti lenti) anche a livello dei muscoli facciali. Questo porta a una maggior difficoltà nell’esprimere le proprie emozioni con il linguaggio non verbale.
In cosa consiste la fisioterapia nelle persone con Alzheimer? Quali sono gli obiettivi reali e concretamente raggiungibili?
La fisioterapia nelle persone malate di Alzheimer non mira direttamente alle cause della patologia ma piuttosto alle sue manifestazioni. A seconda dei segni e dei sintomi che ogni singolo paziente mostra nella sua unicità, si interviene in modo differente. Certamente, in base alla gravità, gli obiettivi saranno differenti.
Nei primi stadi della malattia – detti MCI, ossia Mild Cognitive Impairment – si punterà soprattutto a rallentare il decorso dell’Alzheimer e a mantenere la manualità fine, la coordinazione motoria, una buona fitness generale e a ridurre il rischio di caduta: la parola d’ordine in questa fase è prevenzione.
Negli stadi più avanzati si lavorerà, invece, con stimolazioni motorie, per promuovere e invitare la persona a mantenere il più possibile le proprie abilità e competenze nel movimento. Queste ultime promuovono un buono e regolare funzionamento di tutto il sistema, dall’apparato cardiocircolatorio a quello digestivo, fino a quello urinario e alla componente psicologica.
Muoversi – sia nel sano che nel paziente con Alzheimer – aiuta infatti a migliorare l’umore, riduce l’aggressività e regola il ritmo sonno/veglia, fattori molto importanti non solo per i malati stessi, ma anche per i caregiver che si trovano spesso in difficoltà a gestire i propri cari.
Altro obiettivo della fisioterapia è aiutare i parenti delle persone con Alzheimer a prendersene cura, apprendendo come gestire i passaggi posturali della quotidianità o come entrare in contatto fisico con loro.
Quali sono le figure professionali coinvolte nella riabilitazione motoria di una persona con Alzheimer, oltre al fisioterapista, e dove si svolge questa attività? Può avvenire solo all’interno di strutture specifiche o anche presso il domicilio del paziente?
Tutte le persone che si prendono cura del malato possono dare un contributo per la stimolazione motoria. I caregiver, ad esempio, possono apprendere come gestire in sicurezza una camminata con il proprio caro. Gli addetti alla persona, invece, contribuiranno alla riabilitazione chiedendo un aiuto al malato stesso (commisurato alle sue capacità) durante le operazioni di vestizione/svestizione e igiene personale, senza che debbano fare tutto da sé: questo rallenta il progresso della malattia, mantenendo abilità residue, e dona dignità alla persona, anche se richiede un maggior dispendio di tempo ed energie.
Per quanto riguarda le altre figure professionali coinvolte, invece, citiamo il logopedista, che è d’aiuto per quanto concerne le problematiche motorie legate al linguaggio e alla deglutizione.
Come si può intuire, non esiste una vera e propria sessione di riabilitazione, così come non esiste un luogo dedicato. Il malato di Alzheimer, infatti, può essere stimolato motoriamente in diversi contesti, durante tutto l’arco della giornata. Certo è che l’ambiente deve essere tranquillo e silenzioso, senza stimoli eccessivi, condizione resa necessaria dalle problematiche cognitive (deficit di attenzione selettiva, attenzione sostenuta, memoria) e psichiatriche che spesso rendono difficoltosa l’esecuzione dell’attività.
Capita mai che il paziente non si sottoponga volentieri agli esercizi di riabilitazione proposti? Come ci si comporta se rifiuta di seguirli?
Capita spesso che il paziente non comprenda cosa gli stiamo proponendo. Un approccio soft, spiegando bene gli esercizi da svolgere o distraendo il malato dai propri pensieri fissi, a volte deliranti, può aiutare a ottenere una buona compliance e a far sì che il malato si fidi di noi medici e che accetti di fare fisioterapia.
Alcune strategie di relazione ci possono essere suggerite ad hoc da uno psicologo, a seconda delle caratteristiche della persona assistita, del grado e delle manifestazioni della patologia. Quel che è certo è che le persone malate di Alzheimer necessitano di tempo e percepiscono con grande sensibilità se siamo di fretta o emotivamente instabili. La calma, un bel sorriso, movimenti lenti, accompagnati da una spiegazione di cosa stiamo per fare, aiutano a partire con il piede giusto quando stiamo per proporre un esercizio. E nel caso in cui il paziente sia stanco o non abbia voglia, in quel momento, di fare riabilitazione, accettiamo il suo no e riproviamo più tardi.
Lo Spazio Alzheimer di Real Salus
Come abbiamo visto dall’intervista al dottor Gianpaolo Lucato, la fisioterapia è importante per rallentare l’incedere dell’Alzheimer e aiutare il paziente a mantenere il più possibile le proprie capacità motorie.
Proprio per assistere al meglio le persone con questa patologia e sostenere le loro famiglie in questo delicato percorso, la struttura Real Salus ha istituito un’area specifica: lo Spazio Alzheimer. Si tratta di un ambiente concepito appositamente per garantire cure, stimoli adeguati, fisioterapia e riabilitazione a chi soffre di Alzheimer e, in generale, di tutte le condizioni che comportano un deterioramento cognitivo.
Questo spazio offre interventi di tipo assistenziale e riabilitativo e favorisce le attività di relazione e socializzazione, indispensabili per rallentare, dove possibile, il decadimento psico-fisico, contenerne gli effetti e garantire al paziente serenità e benessere.
Presso la struttura l’ospite è seguito da un’équipe professionale altamente specializzata composta da medici, infermieri e assistenti socio-sanitari che, oltre a occuparsi delle condizioni di salute della persona, la assistono nello svolgimento delle attività quotidiane.
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