Il peso corporeo di un neonato è costituito per circa il 75 per cento da acqua, poi questa percentuale diminuisce progressivamente durante lo sviluppo, fino ad arrivare all’età adulta, quando si stabilizza intorno al 55-60 per cento del peso. Con l’avanzare dell’età, la quantità di acqua presente si riduce ulteriormente, per questo motivo gli anziani sono particolarmente soggetti a episodi di disidratazione.
È molto importante sapere riconoscere i segnali di questa condizione nella terza età, in modo da intervenire tempestivamente ed evitare conseguenze gravi. In questo articolo vedremo quali sono i sintomi della disidratazione e come prevenire e trattare il problema in modo adeguato.
Perché gli anziani possono andare incontro a disidratazione e quanto dovrebbero bere
I LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia) indicano le quantità di acqua raccomandate per godere di buona salute a seconda dell’età e del sesso. I valori indicati considerano l’acqua assunta complessivamente, sia mediante consumo diretto sia attraverso alimenti e bevande, in condizioni di moderate temperature ambientali e medi livelli di attività fisica
I quantitativi per adolescenti, adulti e anziani sono pari a:
- 2 litri al giorno per le femmine;
- 2,5 litri al giorno per i maschi.
Specifichiamo che in presenza di clima caldo, attività fisica intensa, o di altre situazioni che inducano disidratazione, i livelli di acqua da assumere possono variare sensibilmente. Questo può verificarsi anche se si soffre di stress o di disturbi gastroenterici che determinano vomito e diarrea.
In generale, comunque, il medico curante è un riferimento a cui è sempre importante ricorrere per sapere come comportarsi e quanto l’anziano dovrebbe bere in base alle sue condizioni fisiche e di salute.
Normalmente, l’organismo riesce a segnalare quando ha bisogno di assumere acqua per compensare le perdite di liquidi che avvengono continuamente durante il giorno. Tuttavia, durante la terza età, le condizioni fisiologiche dell’invecchiamento portano ad avere una minore percezione della sete. Inoltre gli anziani presentano una percentuale di tessuto adiposo maggiore, che contiene meno acqua rispetto a quello magro, fattore che contribuisce a diminuire la quantità di liquidi presenti nel corpo.
Anche la terapia farmacologica può influire sull’idratazione perché alcuni farmaci sono diuretici. Certe patologie, inoltre, per ragioni diverse possono portare a ridurre l’introito di liquidi, come ad esempio la demenza o le patologie renali.
Disidratazione negli anziani: quali sono i fattori di rischio?
La disidratazione, in età avanzata, spesso si associa a una compromissione generale dello stato di salute. Vediamo, in dettaglio, quali sono i fattori che possono facilitare questa problematica:
- cambiamenti legati all’invecchiamento: oltre a uno stimolo della sete meno sentito e a un aumento della massa grassa, di cui abbiamo scritto sopra, si possono aggiungere anche una funzionalità renale rallentata e un’eventuale disfagia;
- condizioni come febbre alta, vomito, diarrea, inappetenza;
- mobilità e abilità funzionali ridotte, situazione che influisce sulla capacità di provvedere da soli all’idratazione;
- incontinenza, che potrebbe portare ad assumere volontariamente meno liquidi per evitare il disagio dovuto a questo disturbo;
- deterioramento cognitivo: problematiche relative allo stato mentale possono portare a bere meno;
- presenza di più patologie contemporaneamente, in particolare quelle respiratorie, le infezioni delle vie urinarie, le gastroenteriti, ma anche sepsi, tumori, diabete e depressione senile.
Quali sono i sintomi della disidratazione negli anziani?
Può non essere facile capire con tempestività la condizione di salute generale di una persona anziana, specialmente se sono presenti malattie concomitanti. Può capitare, pertanto, che i sintomi della disidratazione vengano confusi con altri malesseri, o addirittura ignorati, perché considerati parte di un quadro di problematiche più vasto.
Il primo segnale della disidratazione è la xerostomia, ovvero la secchezza delle fauci. Poi, mano a mano che lo stato di disidratazione aumenta, si possono manifestare:
- secchezza delle mucose, anche degli occhi;
- patina bianca sulla lingua;
- mancata sudorazione, anche se la temperatura è elevata;
- pelle secca;
- crampi muscolari e dolore diffuso;
- stanchezza e sonnolenza insolite;
- perdita dell’appetito e calo del peso corporeo;
- nausea e vomito;
- stipsi e difficoltà intestinali;
- urine scure (indicano infatti una bassa concentrazione di liquidi nell’organismo);
- alta temperatura corporea;
- vertigini;
- stato confusionale, difficoltà a formulare frasi di senso compiuto.
Nei casi di anziani allettati, la disidratazione può portare alla formazione di lesioni da pressione oppure rallentarne la guarigione, se già presenti.
Le conseguenze della disidratazione nella terza età
La disidratazione può essere diagnosticata sulla base dei sintomi/conseguenze che comporta e, in aggiunta, anche grazie ai risultati di un esame del sangue che verifica il livello di sodio presente. Questo perché, nei casi più gravi, si perde una grande quantità di acqua, che porta a far aumentare la concentrazione di sodio nel sangue.
Le conseguenze più frequenti della disidratazione possono essere:
- crampi muscolari, che abbiamo già citato tra i sintomi, così come nausea e vomito, che sono conseguenti ai crampi muscolari stessi: il vomito, inoltre, peggiora la disidratazione;
- insufficienza renale e infezioni urinarie;
- stipsi;
- innalzamento eccessivo della temperatura corporea che può portare a colpo di calore quando le temperature sono molto elevate, come in estate;
- tromboembolie;
- aritmia cardiaca.
Altro fattore da considerare è la durata di esposizione dell’organismo a questa condizione: uno stato persistente di disidratazione, infatti, può aumentare il rischio di calcolosi renale, di sviluppare tumori del colon e dell’apparato urinario e, a livello cardiaco, di prolasso della valvola mitrale.
L’Associazione Geriatri ha stilato delle linee guide che mettono in relazione la percentuale di disidratazione – ovvero la quantità di perdita di liquidi rispetto al peso corporeo – con le rispettive conseguenze:
- 2%: si alterano la termoregolazione e il volume plasmatico;
- 5%: insorgono crampi, vomito, stipsi, debolezza diffusa;
- 7%: si corre il rischio di insufficienza renale e di altre infezioni;
- 10%: il rischio per la sopravvivenza, in questo caso, è elevato.
Come trattare la disidratazione nelle persone anziane
Appena c’è un sospetto di disidratazione in una persona anziana, è necessario agire tempestivamente. In generale, nei casi lievi, il migliore intervento consiste nel reintegrare i liquidi, dando da bere molta acqua alla persona, e consultare il medico, che potrà fornire suggerimenti specifici sulla base del singolo caso.
Si può tenere presente questa proporzione per calcolare la quantità di liquidi necessaria in base al peso del corpo:
- 100 ml di liquidi per ogni chilo di peso corporeo per i primi 10 kg;
- 50 ml di liquidi per chilo per i successivi 10 kg;
- 15 ml di liquidi per ogni kg dopo i 20 kg.
Nei casi mediamente gravi è necessario reintegrare gli elettroliti persi, in particolare sodio e potassio. Le soluzioni reidratanti orali, che contengono quantità adeguate di elettroliti, sono disponibili senza prescrizione e sono particolarmente efficaci per il trattamento della disidratazione causata da vomito. Si segnala che le bevande sportive non possono considerarsi sostituti adeguati di queste soluzioni.
Nei casi più gravi, o se l’anziano non beve, è necessario intervenire con un trattamento per via endovenosa, con una soluzione salina isotonica, fisiologica o glucosata, previo consulto del medico per concordare la migliore terapia.
Il trattamento deve essere articolato anche sulla base della causa della disidratazione. Ad esempio, in presenza di nausea e vomito o diarrea, possono rendersi necessari farmaci per controllare o interrompere questi disturbi.
Prevenire la disidratazione: strategie per far bere maggiormente l’anziano
La prevenzione è il miglior modo per affrontare il problema della disidratazione e richiede un monitoraggio continuo. Come pratica generale, valida sia per anziani autosufficienti che non autosufficienti, è importante definire una scaletta che regoli le modalità di assunzione quotidiana dei liquidi, oltre a ricordare di adottare una serie di comportamenti improntati su uno stile di vita sano.
Ecco alcune indicazioni utili:
- suddividere il quantitativo di liquidi necessario in un numero di bicchieri facilmente contabili durante la giornata.
- Suggerire di bere anche alternative all’acqua come tisane, tè, succhi di frutta senza zucchero, infusi e centrifugati (evitare bevande zuccherate e alcolici).
- Spronare a bere anche se manca lo stimolo della sete: tenere una bottiglia d’acqua vicino al letto o vicino alla poltrona può essere di aiuto.
- Prevedere nei pasti alimenti ricchi di liquidi come frutta e vegetali, brodo, vellutate e creme di verdura.
- Approfittare dell’assunzione dei farmaci in pastiglie per bere un bicchiere d’acqua colmo.
Per monitorare in modo efficace il processo di idratazione, inoltre, può essere utile creare una scheda, una tabella in cui tenere traccia di tutti i liquidi assunti nell’arco della giornata, un metodo di solito utilizzato anche nelle strutture di accoglienza come San Petronio, casa di riposo e casa residenza per anziani appartenente al gruppo Real Salus di Bologna.
In San Petronio l’assistenza agli ospiti è attenta e costante, sia dal punto di vista alimentare, che medico e psicologico. Grazie al monitoraggio continuo, si riduce anche il rischio di disidratazione, prevenendolo, innanzitutto, con una dieta bilanciata nei nutrienti e nell’apporto di liquidi giornaliero. Gli operatori, inoltre, affiancano gli anziani quotidianamente, conoscono perfettamente le esigenze di ciascuno e mettono in atto tutte le azioni necessarie per evitare questo problema.
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