Un caregiver dedica in media 41 ore a settimana all’assistenza di un familiare anziano, e 3 su 4 si prendono cura quotidianamente del proprio caro, prestando un supporto completo, anche per quanto riguarda i bisogni primari. È ciò che emerge da un’indagine di Fondazione Onda, condotta su un campione di caregiver residenti in Italia, in collaborazione con l’istituto partner Elma Research.
I caregiver coinvolti sono persone che prestano assistenza, in forma gratuita e continuativa, a uno o più familiari o amici di età superiore ai 70 anni. Possono rientrare quindi in quelli che vengono definiti “caregiver familiari”, figura che si differenzia dai caregiver professionali, di cui fa parte invece la badante.
Lo studio ha indagato, in particolare, il carico assistenziale che comporta questa attività di sostegno ad anziani non autosufficienti, inoltre si è soffermato sul contributo che le RSA potrebbero fornire a chi si occupa dell’assistenza, alleggerendo il peso di questa condizione.
In questo articolo sintetizzeremo i principali dati emersi dall’indagine e li commenteremo insieme a Luca Tassinari, coordinatore della casa di riposo e casa residenza per anziani San Petronio di Bologna, appartenente al gruppo Real Salus.
Caregiver in Italia: un ruolo che riguarda soprattutto le donne e che impegna in modo totalizzante
Dall’indagine emerge un vero e proprio “identikit” del caregiver in Italia. Nel 96% dei casi si tratta di una donna e ha in media 57 anni. Il 64% ha un impiego (il 44% a tempo pieno, il 20% part-time), mentre il 36% non svolge attività lavorativa.
Un caregiver su due vive insieme all’assistito nella stessa abitazione, occupandosi non solo delle attività domestiche (il 66% lo fa regolarmente), ma anche del percorso sanitario (91%), della gestione delle medicine (67%) e dei bisogni primari (50%) dell’anziano come la vestizione, l’igiene personale, l’alimentazione e l’aiuto nei movimenti. L’età media della persona da accudire è di circa 85 anni.
Un carico enorme, dunque, che si ripercuote fortemente sulla vita del caregiver (lo dichiara il 65%), tanto che più di 1 caregiver su 2 riconosce di aver bisogno di un aiuto nella gestione del familiare.
Un carico assistenziale spesso difficile da sostenere
L’assistenza richiede grande sforzo, sia a livello temporale – perché spesso impegna quanto un’attività lavorativa – sia a livello di supporto concreto, dovendo sostenere l’anziano in tanti aspetti della quotidianità. Tutto questo ha un forte impatto sulla vita del caregiver, che in molti casi si sente inadeguato o poco gratificato nel portare avanti il proprio ruolo, come evidenzia l’indagine.
Uno stato d’animo che Luca Tassinari, coordinatore della struttura San Petronio, comprende bene, relazionandosi quotidianamente con familiari che assistono anziani malati o non più autosufficienti. “Il caregiver è sottoposto a un grande carico non solo fisico, ma anche emotivo. Questo perché perde il proprio ruolo di familiare rispetto all’assistito – spiega – e da figli, nipoti o compagni si diventa badanti e “genitori”. Spesso la persona non riesce più a occuparsi delle attività quotidiane più semplici, schiacciato dalle responsabilità incombenti e dal dolore di assistere al declino del proprio caro. Oltretutto, non ha gli strumenti professionali e l’esperienza per gestire tutto questo. Il decadimento cognitivo, in particolare, è difficile da affrontare (talvolta anche da riconoscere) rispetto a quello fisico: in molti casi il caregiver pensa di farcela e tiene il familiare a casa nella convinzione di riuscire a occuparsene, ma spesso sottovaluta la situazione.
Altre volte il familiare che presta assistenza non è il caregiver diretto, perché lavora oppure abita lontano. Di solito si affida a una badante, quindi, ma si trova comunque coinvolto da un carico organizzativo enorme: deve gestire l’assistente domiciliare, organizzare gli eventuali turni fra più badanti, coprire le assenze, seguire le visite. Un impegno che inizialmente può apparire gestibile e meno gravoso, ma che nel tempo si rivela molto stressante”.
Il ruolo delle RSA per alleggerire il carico del caregiver
Un carico assistenziale così marcato impatta inevitabilmente sulla vita del caregiver, che spesso avrebbe bisogno di un supporto nella gestione del proprio familiare. Quale può essere, in questi casi, il ruolo di strutture specifiche come le RSA? In che modo possono aiutare nell’assistenza?
“Le RSA prendono in carico la persona non autosufficiente, la accudiscono e sollevano il caregiver dall’impegno assistenziale. Si occupano di tutti gli aspetti – spiega Luca Tassinari – dall’assistenza fisica e psicologica, a quella sanitaria, infermieristica e ricreativa. Le figure professionali di cui ha bisogno l’anziano sono tutte concentrate nella stessa struttura: medico, infermiere, fisioterapista, operatore socio-sanitario, animatore. Questo significa poter usufruire di visite ed esami, ma anche poter partecipare a uscite, svaghi e altre attività per le quali il caregiver, probabilmente, non avrebbe tempo ed energie. Le RSA, inoltre, permettono al caregiver di recuperare il ruolo di familiare nei confronti dell’anziano, e di tornare a essere figlio, nipote o compagno: ne beneficia quindi anche la qualità della sua vita e il rapporto con il proprio caro”.
Ma qual è la propensione dei caregiver ad affidarsi a questo tipo di soluzione, secondo l’indagine di Fondazione Onda? In base ai dati emersi, 1 caregiver su 3 prenderebbe in considerazione l’affidamento dell’assistito a una RSA, ma quasi il 50% è scettico o addirittura contrario a questa soluzione. Molto radicato nei caregiver è il senso di colpa che può accompagnare questa scelta (lo cita il 67% dei caregiver coinvolti nell’indagine), insieme alla preoccupazione di assistere a un peggioramento del rapporto con l’anziano ospite della struttura (ne parla il 62%). Un sentimento di scetticismo su cui ha in parte inciso la recente pandemia, per il 50% dei caregiver, e la comunicazione dei media rispetto alle RSA, ritenuta dai caregiver preoccupante, ma allo stesso tempo strumentalizzata.
“Come evidenzia l’indagine, in chi è poco convinto di affidarsi a una RSA influisce il senso di colpa – continua il coordinatore di San Petronio – un sentimento molto diffuso tra i familiari degli anziani. A questo si aggiunge il fatto che il Covid ha peggiorato la percezione comune sulle condizioni delle case di riposo e RSA: durante la pandemia, infatti, le strutture si sono chiuse molto verso l’esterno per proteggere gli ospiti, riducendo o rendendo impossibili le visite. Chi invece decide di chiedere supporto a una RSA lo fa perché ha la consapevolezza che il proprio caro starà bene e sa che è una scelta che migliorerà la qualità della vita, in primo luogo dell’anziano, che sarà accudito, stimolato, curato e supportato in tutto e per tutto.
Questo grazie all’assistenza coordinata tra professionisti che contraddistingue queste strutture: non c’è dispersione di energie o diversità di vedute rispetto a quello che può avvenire in alcune realtà di assistenza domiciliare, dove spesso gli operatori coinvolti non lavorano secondo obiettivi comuni concordati. All’interno di una RSA i professionisti operano secondo Piani Assistenziali Individualizzati secondo le necessità del singolo Ospite”.
Il senso di colpa dei familiari: un aspetto che non può essere ignorato
Tuttavia il senso di colpa è un aspetto non secondario, che in molti casi annebbia ogni valutazione e preclude al caregiver la possibilità di chiedere un aiuto esterno. “In San Petronio forniamo supporto e appoggio psicologico al congiunto per alleggerire il senso di colpa e accompagnarlo verso la soluzione più adeguata all’anziano. In questo ambito occorre grande trasparenza, per questo siamo aperti alle persone e ai familiari. È importante che vedano cosa accade in struttura e quali attività svolgono i loro cari: devono sapere che sono al sicuro e che sono felici. A mio avviso i social rivestono anche questo ruolo, permettendoci di mostrare spaccati di vita reale della struttura”.
Le condizioni di salute dell’assistito: quando è indispensabile rivolgersi a una RSA
In particolare, esistono alcune condizioni di salute che dovrebbero convincere il caregiver ad affidarsi a una struttura per far sì che il familiare riceva cure e assistenza da parte di professionisti esperti. “La prima di queste – afferma Tassinari – è indubbiamente l’Alzheimer. Molte famiglie non conoscono bene la patologia, non intercettano per tempo i sintomi o li sottovalutano, non immaginando gli sviluppi degenerativi che invece comporta la malattia. Aspetti come aggressività, deliri o alterazione del ritmo sonno/veglia, solo per citarne alcuni, sono invece elementi molto complessi da gestire e comportano un sovraccarico fisico decisamente estenuante: è indispensabile che la famiglia se ne renda conto. In una RSA il personale è competente e preparato, sa prendersi cura di un ospite affetto da Alzheimer, e ricorre con equilibrio e moderazione a terapie farmacologiche e terapie non farmacologiche per il benessere della persona.
La seconda condizione per la quale è opportuno rivolgersi a una struttura è la riabilitazione. In questo caso gli ospiti devono riacquistare autonomia, magari dopo un intervento o un lungo ricovero ospedaliero, e trovano nella RSA tutte le figure competenti, gli ambienti per la riabilitazione e il supporto necessario. Concentrando le risorse in un’unica struttura, il percorso riabilitativo sarà senza dubbio più agevole, sia per il paziente sia per il caregiver”.
Le strade alternative all’ingresso in struttura: il servizio di RSA Aperta
Per andare ulteriormente incontro alle esigenze degli anziani non autosufficienti e delle loro famiglie, Real Salus ha sviluppato una soluzione assistenziale più flessibile che consente di portare direttamente a casa del paziente tutti i servizi di una RSA: il servizio di RSA Aperta. Come abbiamo visto, non sempre l’anziano e i suoi familiari sono pronti ad affidarsi a una struttura, pur avendone bisogno: questa proposta permette di gestire a domicilio eventuali problematiche sanitarie, assistenziali e riabilitative.
“Si tratta di un progetto che stavamo valutando da tempo per soddisfare le esigenze di alcune famiglie, e la pandemia ha accelerato il processo attuativo. Attraverso questo servizio innovativo ci prendiamo cura delle persone direttamente a casa loro, assicurando le prestazioni tipiche di una residenza per anziani. Per farlo, ci avvaliamo di personale esperto formato da Real Salus, che opera anche all’interno di San Petronio”.
I Bollini RosaArgento della Fondazione Onda: il certificato di qualità delle RSA
Un aspetto che certifica il buon lavoro delle RSA in materia di assistenza ai propri ospiti sono i Bollini RosaArgento, riconoscimento ideato da Fondazione Onda con l’obiettivo di mettere in luce le RSA e le case di riposo più attente al benessere degli ospiti e delle loro famiglie. L’Emilia Romagna vanta 7 strutture con questo certificato di qualità: San Petronio è una di queste ed è l’unica a Bologna e Provincia.
“Siamo onorati di questo riconoscimento. I Bollini RosaArgento sono uno strumento di misurazione della qualità della struttura. Vengono rilasciati dopo la compilazione di un questionario molto articolato, che copre tutte le attività di una RSA, dall’accesso degli ospiti al fine vita, dalle terapie adottate ai protocolli introdotti per garantire il benessere delle persone prese in carico. La misurazione periodica della qualità diventa per noi un auto test molto stimolante, che induce a fare sempre meglio. Gli standard valutativi sono disciplinati da un algoritmo che misura le risposte e che alla fine può riconoscere alla struttura uno, due o tre bollini. Noi lo scorso dicembre ne abbiamo ottenuti due: non è un punto di arrivo, ma di partenza per avere il terzo in un prossimo futuro”, conclude Luca Tassinari.
Il supporto al caregiver fornito da Real Salus
Se sei un caregiver familiare e ti occupi quotidianamente dell’assistenza di un anziano non più autosufficiente, coinvolto in un percorso riabilitativo o che soffre di gravi patologie come Alzheimer o demenza, puoi trovare in Real Salus una realtà qualificata e professionale, da oltre 50 anni impegnata nell’assistenza per la terza età.
Sia nella struttura San Petronio sia mediante il servizio di RSA Aperta, grazie a uno staff esperto e multidisciplinare Real Salus si occupa del benessere psicofisico dell’anziano attraverso interventi assistenziali, educativi e riabilitativi pianificati e personalizzati che comprendono una sana alimentazione, attività motorie e ludico-ricreative, fisioterapia e, in generale, supporto per tutte le esigenze quotidiane dell’ospite.
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