Wandering (o vagabondaggio) nell’Alzheimer: cos’è e come affrontarlo

Il wandering, ovvero la tendenza a girovagare, è un fenomeno comune nei malati di Alzheimer e demenza. Questo disturbo, non semplice da gestire per i caregiver, richiede una sorveglianza attenta e la capacità di relazionarsi adeguatamente con il proprio caro per affrontare nel modo migliore gli episodi di vagabondaggio e ridurre il rischio che si presentino. In questo articolo illustreremo cos’è il wandering, come si manifesta e quali sono le sue possibili cause. Approfondiremo poi le strategie più efficaci per far fronte a questo problema e cercheremo di capire quali sono gli accorgimenti utili per prevenirlo.

Che cos’è il wandering?

Il wandering (dall’inglese to wander, che significa “girovagare”), o vagabondaggio, è un sintomo comportamentale frequente nelle persone con demenza e Alzheimer e consiste nel camminare apparentemente senza una meta e senza uno scopo, in risposta a un impulso impossibile da controllare. Come riporta l’Alzheimer’s Association, principale organizzazione di volontariato impegnata a livello internazionale per la ricerca sulle patologie neurodegenerative e per il supporto a pazienti e famiglie, 6 persone con demenza su 10 vivono almeno un’esperienza di vagabondaggio, ma per molte di loro questo comportamento si verifica ripetutamente, soprattutto nelle fasi intermedie e avanzate della malattia. Oltre a rappresentare una potenziale minaccia per la sicurezza dei malati, che camminando possono perdersi o farsi male, il wandering costituisce anche una delle problematiche più complesse da gestire per chi se ne prende cura.

Come si manifesta il wandering nei malati di Alzheimer?

In chi soffre di Alzheimer e demenza il vagabondaggio può manifestarsi in varie forme: alcuni malati girovagano dentro casa, mentre altri tendono a uscire. Questo disturbo può presentarsi sia di giorno che nelle ore notturne, portando le persone a camminare quando gli altri dormono. In quest’ultimo caso, il wandering può essere la conseguenza della cosiddetta “sindrome del tramonto”, che consiste in una serie di cambiamenti del comportamento e dell’umore che, nei malati di Alzheimer, si presentano o si aggravano al calare del sole e possono causare agitazione notturna, rabbia, aggressività, allucinazioni e un impellente bisogno di muoversi.

Come precisa la Federazione Alzheimer Italia, principale organizzazione non profit italiana che si occupa di promuovere la ricerca su questa malattia, nella maggior parte dei casi il vagabondaggio avviene con uno scopo, che tuttavia il malato tende a dimenticare o non è in grado di spiegare, quindi il suo cammino appare senza meta, privo di qualsiasi finalità pratica. Può accadere, per esempio, che la persona con Alzheimer si alzi dal letto con l’intenzione di fare qualcosa, come bere, mangiare o andare in bagno e, dopo pochi passi, non ricordi più il motivo per cui si è messa in movimento: continua dunque a camminare, forse sperando che il suo proposito iniziale le torni in mente, senza riuscire a fermarsi. Questo girovagare può far sì che non avverta o tenda a ignorare la stanchezza, lo stimolo della fame, il bisogno di urinare, il dolore, il freddo o il caldo e che si allontani molto da casa, finendo per perdersi.

Le possibili cause del vagabondaggio

All’origine del vagabondaggio possono esserci molti dei disturbi psicologici e cognitivi tipici dell’Alzheimer. Il bisogno di camminare è spesso dettato dall’ansia, uno stato emotivo frequente nei malati che, a causa del deterioramento cognitivo, perdono la capacità di controllo sulla loro vita e trovano nel movimento una valvola di sfogo al senso di incertezza e di ignoto che provano. 

Il wandering può essere causato anche dai problemi di memoria che, come abbiamo visto, possono far sì che la persona dimentichi la ragione per cui ha iniziato a muoversi e continui a camminare senza sosta, oppure dal disorientamento e dalla confusione, che possono portarla a vagare per casa in cerca di un oggetto o di una stanza oppure impedirle di trovare la strada per rientrare dopo essere uscita. 

Può anche accadere che ricordi del passato riaffiorino, per esempio di familiari o di vecchie abitudini, facendo sì che il malato si metta in cammino per rispondere a una necessità che crede ancora attuale ma che in realtà non lo è più, come il desiderio di portare fuori il cane, di raggiungere l’abitazione in cui viveva prima o di incontrare il coniuge defunto. Per molti, inoltre, il vagabondare è la conseguenza della noia, che li spinge a girovagare per tenersi impegnati, ma può anche essere dovuto a un bisogno fisiologico come la fame, la sete o il dolore, di cui chi soffre di Alzheimer non è sempre consapevole e che spesso non riesce a comunicare a chi gli sta vicino.

In alcuni casi, questo sintomo comportamentale è innescato da stimoli ambientali in grado di causare disagio e agitazione in chi ha l’Alzheimer: spazi molto grandi, con luci, rumori o persone che parlano possono essere fonte di stress e portare a reagire con un’iperattività che si manifesta con il wandering. Anche stanze scarsamente illuminate, con molte ombre o specchi rappresentano elementi potenzialmente disturbanti capaci di indurre l’urgenza di camminare.

Come gestire il wandering nei malati di Alzheimer

Ground Picture/Shutterstock.com

Come gestire e affrontare il wandering nei malati di Alzheimer

Il vagabondaggio è un comportamento che richiede grande attenzione e sensibilità da parte di chi si prende cura di una persona con Alzheimer: rende infatti necessario vigilare su di lei per assicurarsi che il girovagare, specie se avviene fuori casa, non metta a rischio la sua sicurezza, ma anche interagire con il malato con l’atteggiamento giusto, in modo da non acuire stress e nervosismo che potrebbero peggiorare il disturbo. 

Scopriamo le strategie migliori per gestire un episodio di wandering.

Come comportarsi con una persona in preda a vagabondaggio

Come sottolinea la Federazione Alzheimer Italia, il modo migliore per affrontare il vagabondaggio è non ricorrere alla costrizione ma creare un diversivo che catturi l’attenzione della persona e la spinga a fermarsi di sua iniziativa. Ecco qualche consiglio utile:

  • assecondare il bisogno del malato di girovagare ed evitare atteggiamenti di sfida, rimproveri e tentativi di bloccarlo che potrebbero scatenare una reazione violenta o aggressiva.
  • Cercare di distrarlo per indurlo a fare una pausa, soprattutto se lo si vede stanco o affaticato: può essere utile coinvolgerlo in attività semplici, piacevoli e rilassanti, che lo spingano a interrompere spontaneamente il vagabondaggio e a riposare.
  • Evitare il più possibile il ricorso ai farmaci, somministrandoli solo se necessario e nel rispetto delle indicazioni del medico.

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Come proteggere la sicurezza del malato durante il wandering

Un altro aspetto da tenere presente nell’accudire una persona con Alzheimer che manifesta questo sintomo comportamentale è la sua incolumità: è infatti importante adottare una serie di accorgimenti che le permettano di camminare in sicurezza, riducendo i pericoli a cui può andare incontro. Ecco qualche spunto utile: 

  • rendere l’ambiente domestico il più possibile privo di rischi, in modo che la persona con Alzheimer possa muoversi liberamente al suo interno: è utile eliminare gli elementi potenzialmente pericolosi, per esempio coprendo gli spigoli, togliendo i tappeti e gli oggetti taglienti, e utilizzando l’illuminazione per rendere ben visibili gradini, dislivelli ed eventuali ostacoli al cammino.
  • Accompagnare la persona, seguendola a distanza e con discrezione per non darle l’impressione di essere controllata – circostanza che potrebbe intensificare la sua ansia – e intervenendo in caso di necessità.
  • Fare in modo che il proprio caro abbia sempre con sé un documento di riconoscimento, fondamentale nel caso in cui dovesse uscire di casa e perdersi: una possibile soluzione, se si teme che non porti con sé documenti o biglietti con informazioni utili per essere identificato, è cucire sugli abiti un’etichetta con nome e indirizzo, in modo che sia sempre possibile risalire alla sua identità.
  • Assicurarsi che indossi scarpe adeguate al cammino per prevenire le cadute, evitando ciabatte e altre calzature che non permettono un appoggio sicuro.
  • Prestare attenzione alle sue condizioni di salute per cogliere tempestivamente eventuali segnali di malnutrizione o disidratazione, possibili effetti collaterali del dispendio energetico causato dall’attività motoria e del fatto che, camminando, potrebbe non mangiare e non bere a sufficienza.
  • Informare amici e vicini della tendenza del proprio caro a vagabondare, in modo che possano avvertire la famiglia se dovessero vederlo allontanarsi da casa.

La tecnologia per il controllo e il monitoraggio delle persone con wandering

Anche le tecnologie digitali rappresentano una soluzione per il controllo e il monitoraggio dei malati di Alzheimer con wandering: possono essere utili per supportare le famiglie nelle attività di sorveglianza, per proteggere la sicurezza dei loro cari e per consentire un intervento rapido in caso di incidenti.

Sono disponibili dispositivi indossabili come bracciali e orologi che, grazie a sistemi GPS, sono in grado di segnalare tentativi di allontanamento, di tracciare gli spostamenti, localizzare e trasmettere la posizione della persona in modo da renderla sempre reperibile, soprattutto nell’eventualità in cui dovesse perdersi, e di avvisare in caso di cadute.

È inoltre possibile integrare nell’ambiente domestico una serie di meccanismi installabili che, tramite appositi sensori, permettono di rilevare i movimenti del malato e la sua presenza all’interno di una stanza e di evidenziare eventuali problematiche e criticità.
Questi strumenti aiutano a salvaguardare l’incolumità delle persone che soffrono di wandering, scongiurando le conseguenze più gravi di questo sintomo comportamentale, e contribuiscono a ridurre lo stress e l’impegno assistenziale dei caregiver.

Prevenire il wandering nell'Alzheimer

New Africa/Shutterstock.com

È possibile prevenire il vagabondaggio?

Il wandering è un comportamento non semplice da prevenire, ma ci sono alcuni accorgimenti che possono ridurre il rischio che si verifichi. È importante soprattutto creare intorno al malato un ambiente rassicurante e offrirgli adeguati stimoli per tenerlo impegnato e aiutarlo a controllare l’ansia e altri stati emotivi che possono portarlo a vagabondare. Ecco le strategie più efficaci suggerite dalla Federazione Alzheimer Italia e dall’Alzheimer’s Association:

  • individuare le circostanze che provocano il vagabondaggio, come il momento della giornata in cui la persona tende a girovagare più spesso oppure gli episodi che in genere scatenano l’urgenza di camminare. Prendere nota di questi fattori può consentire di mettere in atto dei correttivi in presenza di situazioni potenzialmente critiche (ad esempio tranquillizzando, distraendo o tenendo occupato il malato).
  • Coinvolgere il familiare in attività piacevoli e significative per lui che aiutino a strutturare la sua giornata, a farlo sentire utile e a prevenire noia e frustrazione: a seconda delle sue inclinazioni, dello stadio della malattia e del livello di autonomia è possibile stimolarlo a coltivare un hobby creativo, accompagnarlo a fare una passeggiata all’aria aperta oppure chiedere il suo supporto nei lavori domestici, assegnandogli compiti semplici che non richiedano uno sforzo cognitivo troppo intenso.
  • Mantenere stabile l’ambiente di vita, evitando cambiamenti anche lievi – per esempio nella disposizione dei mobili – che potrebbero rendere lo spazio irriconoscibile e, di conseguenza, far sì che la persona lo percepisca come ostile.
  • In caso di trasferimento in un’altra abitazione o in una residenza sanitaria assistenziale, stare vicino al malato e rassicurarlo per aiutarlo ad ambientarsi in un luogo non familiare: in situazioni simili è probabile che la persona tenda comunque a vagabondare come reazione al disorientamento che prova, ma in genere questo comportamento cessa dopo un iniziale periodo di adattamento.
  • Evitare luoghi molto affollati o rumorosi che possono causare confusione e agitazione.

I servizi di Real Salus per l’assistenza ai malati di Alzheimer e la gestione del wandering

Come abbiamo visto, la gestione del wandering è un impegno gravoso, che richiede empatia, dedizione, ma anche competenze e strumenti adeguati per interpretare le esigenze dei malati di Alzheimer e per rispondervi nel modo più opportuno.

Per queste ragioni può essere utile chiedere aiuto a realtà specializzate nell’assistenza ai malati con patologie legate al deterioramento cognitivo come Real Salus di Bologna, che proprio a questo scopo ha creato un ambiente apposito nella casa di riposo e casa residenza per anziani San Petronio: si tratta dello Spazio Alzheimer, pensato per fornire cure e riabilitazione specifiche agli ospiti con queste problematiche. 

L’impegno di San Petronio nella gestione del wandering e degli altri sintomi comportamentali dell’Alzheimer si concentra soprattutto sull’offerta di terapie non farmacologiche: interventi come la Doll Therapy e la Pet Therapy si sono dimostrati efficaci nel ridurre gli stati ansiosi, mentre spazi come il giardino terapeutico e la Stanza Snoezelen, progettati per accogliere persone con decadimento cognitivo, possono offrire ai malati di Alzheimer stimoli multisensoriali in grado di favorire il benessere psicofisico e di ridurre stress e agitazione.

Inoltre, il personale di Real Salus è disponibile a intervenire a domicilio per condividere la propria esperienza e aiutare i familiari di persone con Alzheimer a creare ambienti idonei e sicuri per i loro cari che soffrono di vagabondaggio.

Contattaci se vuoi avere maggiori informazioni su tutti i servizi proposti da Real Salus.

 

Crediti immagini di copertina: LightField Studios/Shutterstock.com

 

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